
Lapidi dantesche a Firenze
Passeggiando per Firenze è facile imbattersi in numerose targhe celebrative collocate sui muri di palazzi, chiese, case torri. Molte di queste sono lapidi dantesche, veri e propri monumenti commemorativi che, da ormai più di un secolo, adornano il centro storico e ci trasportano come per incanto nella Firenze trecentesca, cantata nella Divina Commedia di Dante.
Il progetto delle lapidi risale ai primi del 900, quando una commissione composta da storici e dantisti intraprese una lunga ricerca allo scopo di individuare i luoghi esatti cui i vari canti dell’opera dantesca si riferivano. Già nel 1907 le lapidi furono collocate e nel 1913 vennero illustrate per la prima volta nella pubblicazione di Ida Riedisser in lingua inglese “Inscriptions from Dante's Divina Commedia in the Streets of Florence”, pensata per gli ospiti stranieri della città.
Seguendo questo percorso, grazie a queste vere e proprie pietre parlanti, cittadini e turisti avranno modo di ripercorrere luoghi ed eventi storici dei quali il sommo poeta fu spesso protagonista, e che evidenziano anche il difficile rapporto che ebbe con la sua città natale. Ogni lapide, infatti, riporta una citazione tratta da una delle tre cantiche: 9 dall’Inferno, 5 dal Purgatorio e 19 dal Paradiso, per un totale di 33 lapidi, in cui si fa riferimento a luoghi della città, a fatti realmente avvenuti e ad illustri cittadini dell’epoca.
Qui di seguito vi illustriamo ogni tappa di questo percorso. Di tutte le lapidi riportiamo, oltre alle singole citazioni, anche brevi commenti e relative foto identificative, per condurvi passo passo alla scoperta di luoghi, personaggi ed eventi citati nella Divina Commedia.
Per ulteriori approfondimenti consulta gli itinerari sulla Firenze all'epoca di Dante e quello sulle case torri fiorentine.
Comune di Firenze
I luoghi
Tappe
Lapide Dantesca: Palazzo Gianfigliazzi
. . . COM'IO RIGUARDANDO TRA LOR VEGNO, IN UNA BORSA GIALLA VIDI AZZURRO, CHE D'UN LEONE AVEA FACCIA E CONTEGNO.
DANTE, INF., XVII, 58-60.
Qui Dante e Virgilio attraversano il girone degli usurai, dove gli spiriti dei dannati sono condannati a stare seduti su uno strato di sabbia ardente con gli occhi fissi alla borsa (oggetto emblema del loro mestiere) che portano appesa al collo e che raffigura lo stemma delle famiglie nobili cui appartengono. Dante riconosce tra i tanti i Gianfigliazzi, grazie alla borsa sulla quale è dipinto un leone azzurro in campo giallo. I Gianfigliazzi ebbero le loro sontuose abitazioni nell’area di via Tornabuoni (dove è esposta la lapide dantesca) e nell’adiacente lungarno Corsini.
Lapide Dantesca: Ponte Vecchio
. . . CONVENIESI A QUELLA PIETRA SCEMA CHE GUARDA ‘L PONTE, CHE FIORENZA FESSE VITTIMA NELLA SUA PACE POSTREMA.
DANTE, PAR., XVI, 145-147.
Argomento fondante di questo Canto del Paradiso è la decadenza di Firenze e la fine della pace per i suoi abitanti. Si allude in particolare all'uccisione di Buondelmonte Buondelmonti - avvenutaai piedi della statua mutilata di Marte (“pietra scema”), all'inizio di Ponte Vecchio, lato piazza del pesce, dove oggi troviamo la lapide - che per Firenze segnò la fine di una vita civile pacifica. Marte, in epoca pagana, era la divinità protettrice di Firenze.
Per scoprire il motivo che spinse alcune nobili famiglie all’uccisione del Buondelmonti, clicca qui.
Lapide Dantesca: Ponte Vecchio
. . . IN SUL PASSO D'ARNO.
DANTE, INF., XIII, 146.
Con questo verso Dante fa riferimento al Ponte Vecchio, il passaggio sul fiume Arno per eccellenza. É l’unico ponte rimasto intatto di Firenze (tutti gli altri furono minati dai nazisti nel corso della seconda guerra mondiale); fu eretto nel XIV secolo, in corrispondenza dell’antico ponte di epoca romana. La citazione è collocata nella loggetta sotto il Corridoio Vasariano a metà del ponte.
Per un itinerario alla scoperta dei ponti di Firenze clicca qui!
Lapide Dantesca: Torre degli Amidei
LA CASA DI CHE NACQUE IL VOSTRO FLETO, PER LO GIUSTO DISDEGNO CHE V'HA MORTI E PUOSE FINE AL VOSTRO VIVER LIETO, ERA ONORATA, ESSA E SUOI CONSORTI.
DANTE, PAR., XVI, 136-139.
Dante ci parla qui dell’antica e potente famiglia fiorentina degli Amidei la cui torre, allora posta in prossimità della Porta Santa Maria da cui il nome dell’attuale strada, fu in seguito “scapitozzata”, al pari di molte altre, per effetto degli ordinamenti di giustizia di Giano Della Bella. Protagonisti insieme alle famiglie alleate dell’uccisione di Buondelmonte Buondelmonti, si vendicarono così della promessa infranta di matrimonio. Da qui il “fleto” (pianto), cui fa riferimento il poeta, causato dal “giusto disdegno”, che diede origine alle feroci lotte fra le fazioni fiorentine dei guelfi e dei ghibellini.
Per saperne di più sull'origine della faida tra famiglie guelfe e ghibelline, clicca qui!
Lapide Dantesca: Cortile di Palazzo Vecchio
“· · · FU’IO SOL COLÀ DOVE SOFFERTO FU PER CIASCUN DI TORRE VIA FIORENZA, COLUI CHE LA DIFESI A VISO APERTO."
DANTE, INF., X, 91-93.
Con questi versi Dante onora la figura epica di Farinata degli Uberti che incontra nel girone degli eretici. Il nobile capo fiorentino dei ghibellini partecipò alla celebre battaglia di Montaperti nel 1260, quando i guelfi furono sconfitti in territorio senese. Nonostante le aspre contrapposizioni, all’indomani della vittoria, fu il solo ad opporsi “a viso aperto” alla richiesta dei senesi di radere al suolo Fiorenza, salvandola così dalla distruzione. Significativamente Palazzo Vecchio sorse proprio nell’area in cui si trovavano molte “case torri ghibelline” (tra cui quelle degli Uberti), distrutte dai Guelfi. La lapide, insieme ad altre due commentate nel percorso, è posta all'interno del Cortile di Michelozzo.
Per un itinerario alla scoperta delle case torri fiorentine clicca qui!
Lapide Dantesca: Cortile di Palazzo Vecchio
“VID’IO FIORENZA IN SÍ FATTO RIPOSO CHE NON AVEA CAGION ONDE PIANGESSE. CON QUESTE GENTI VID’IO GLORIOSO E GIUSTO IL POPOL SUO, TANTO CHE ‘L GIGLIO NON ERA AD ASTA MAI POSTO A RITROSO, NÉ PER DIVISION FATTO VERMIGLIO”
DANTE, PAR., XVI, 149-154
Attraverso le parole del suo avo Cacciaguida, Dante vagheggia una Firenze del passato libera da lotte intestine, molto diversa da quella turbolenta da lui conosciuta. A quel tempo, mai era accaduto che il giglio, ovvero il vessillo di Firenze, venisse messo a rovescio (“ad asta mai posto a ritroso”), in segno della sconfitta subita dalla fazione rivale. Se durante il periodo Ghibellino di Firenze il Giglio era bianco su fondo rosso, con l’avvento dei Guelfi si decise di cambiare colore: giglio rosso (vermiglio) su fondo bianco. Il Palazzo Vecchio, all’interno del quale è collocata la lapide è, fin dalla sua edificazione, il centro del potere politico della città. La lapide, insieme ad altre due commentate nel percorso, è posta all'interno del Cortile di Michelozzo.
Lapide Dantesca: Cortile di Palazzo Vecchio
OH QUALI IO VIDI QUEI CHE SON DISFATTI PER LOR SUPERBIA!
DANTE, PAR., XVI,109-110
Tra le varie famiglie nobili che Dante e Cacciaguida passano in rassegna, qui si ricorda quella degli Uberti, caduti in rovina per la loro superbia e cacciati dalla città per la loro ribellione agli Ordinamenti Comunali. Proprio nell’area di Palazzo Vecchio sorgevano fiere le case-torri degli Uberti, assieme ad altre di nobili famiglie ghibelline, abbattute impietosamente in concomitanza con il loro esilio; ed è significativamente sulle loro ceneri che viene edificato il palazzo civico guelfo, all'epoca di Dante ancora in fase di costruzione. A fianco di questa lapide, ne è stata posta un’altra che ricorda il personaggio di Farinata degli Uberti (clicca qui per saperne di più).
Lapide Dantesca: case dei Peruzzi
NEL PICCIOL CERCHIO S’ENTRAVA PER PORTA, CHE SI NOMAVA DA QUEI DELLA PERA
DANTE, PAR., XVI, 124 – 126
L'iscrizione ricorda una delle antiche porte di accesso alla città (della prima cerchia comunale del XII secolo)che prendeva il nome dalla nobile famiglia Peruzzi il cui emblema raffigurava, appunto, una pera. Le case di questa famiglia sorsero nell’area dell’antico anfiteatro romano, del cui perimetro è rimasta traccia nell’andamento curvilineo di alcune strade (in particolare via Torta, via Bentaccordi).
Lapide Dantesca: Chiesa della Badia Fiorentina
CIASCUN CHE DELLA BELLA INSEGNA PORTA DEL GRAN BARONE, IL CUI NOME E ‘L CUI PREGIO LA FESTA DI TOMMASO RICONFORTA, DA ESSO EBBE MILIZIA E PRIVILEGIO
DANTE, PAR., XVI, 127-130
Molte nobili famiglie fiorentine furono insignite dell’ordine cavalleresco da Ugo Marchese di Toscana (il “Gran Barone” che trasferì la sede del marchesato da Lucca a Firenze), il quale morì il 21 dicembre del 1001. Da tempo immemore, tutti gli anni lo stesso giorno (dedicato a San Tommaso Apostolo) si svolgono funzioni religiose dedicate al Marchese Ugo presso la Badia Fiorentina, dove il Gran Barone è sepolto.
Lapide Dantesca: Chiesa della Badia Fiorentina
FIORENZA, DENTRO DALLA CERCHIA ANTICA, OND' ELLA TOGLIE ANCORA E TERZA E NONA, SI STAVA IN PACE SOBRIA E PUDICA
DANTE, PAR., XV, 97-99
Cacciaguida, progenitore di Dante, morto crociato in Terrasanta, ricorda che al tempo della "cerchia antica" (quando la città medievale era prevalentemente racchiusa entro il perimetro delle mura carolingie) la vita dei fiorentini era onorata e serena, scandita dai rintocchi delle campane della Chiesa di Badia, uno degli edifici più antichi della città (su cui questa lapide è murata). La lapide si trova in corrispondenza dell'entrata della Badia da via Dante Alighieri.
Lapide Dantesca: casa natale di Dante
...I' FUI NATO E CRESCIUTO SOVRA 'L BEL FIUME D'ARNO ALLA GRAN VILLA
DANTE, INF., XXIII, 94-95
Sono queste le parole che pronuncia Dante in risposta alla domanda che gli rivolgono, nel girone degli ipocriti, i due frati che si sono avvicinati a lui. Si osserva come nelle espressioni del poeta si avverta il sospiro dell’esule per la sua patria. Ce lo dicono gli aggettivi scelti: il fiume, l'Arno, è bello; la villa, Firenze, è grande, dove il termine "grande" rimanda non solo all'estensione geografica della città, ma anche alla fama che la circonda.
La targa è apposta al nr. 2 di via Dante Alighieri, in prossimità dell'ingresso del Museo Casa di Dante, una ricostruzione dei primi del Novecento sul luogo in cui sorgeva la casa degli Alighieri.
Lapide Dantesca: case dei Ravignani
BELLINCION BERTI VID'IO ANDAR CINTO DI CUOIO E D`OSSO, E VENIR DALLO SPECCHIO LA DONNA SUA SANZA IL VISO DIPINTO
DANTE, PARAD., XV, 112 – 114
Bellincione Berti de’ Ravignani viene presentato da Dante, attraverso le parole dell’avo Cacciaguida, comeesempio della sobrietà e semplicità della Firenze antica: ci appare con una semplice cintura di cuoio e fibbia d’osso, accanto alla moglie struccata.
I Ravignani erano una delle più stimate famiglie nobili fiorentine del XII secolo, che si insediò in questa zona della città.
Lapide Dantesca: case dei Portinari
SOVRA CANDIDO VEL, CINTA D' OLIVA, DONNA M' APPARVE SOTTO VERDE MANTO VESTITA DI COLOR DI FIAMMA VIVA
DANTE, PUR., XXX , 31-33
Giunto quasi al termine del viaggio nel Purgatorio Dante ha la visione di una donna che poi si rivelerà essere la sua musa, Beatrice. E’ vestita di bianco, di verde e di rosso (i colori delle virtù teologali: Fede, Speranza e Carità) incoronata d’ulivo, simbolo di pace e sapienza.
La lapide è visibile sulla facciata di Palazzo Portinari-Salviati; in questa zona Folco Portinari, padre di Beatrice e fondatore dell’Ospedale di Santa Maria Nuova, aveva alcune case che nel corso del Quattrocento vennero trasformate in un vero e proprio palazzo.
Lapide Dantesca: case dei Cerchi
…LA PORTA, CH'AL PRESENTE È CARCA DI NUOVA FELLONIA, DI TANTO PESO, CHE TOSTO FIA IATTURA DELLA BARCA
DANTE, PARAD., XVI, 94 – 96
La frase è recitata da Cacciaguida, avo di Dante che gli descrive la Firenze della sua epoca: si riferisce in particolare a questa zona, nei pressi di Porta San Piero, in cui s’insediarono nuovi abitanti provenienti da fuori città, i quali - secondo il pensiero di Dante - in qualche modo snaturarono gli antichi valori.
La famiglia dei Cerchi, una delle più ricche famiglie dell’epoca, comprò alcune case nella cerchia antica di Firenze confinanti con quelle dei Donati, con i quali nacquero presto aspre contese: la lotta fra queste due famiglie è una delle cause della divisione fra guelfi neri e guelfi bianchi.
Lapide Dantesca: Torre della Famiglia Donati
“…’L LOCO, U' FUI A VIVER POSTO, DI GIORNO IN GIORNO PIU' DI BEN SI SPOLPA, ED A TRISTA RUINA PAR DISPOSTO”. “OR VA” DISS’EL “CHE QUEI PIU' N' HA COLPA VEGG' IO A CODA D'UNA BESTIA TRATTO INVER LA VALLE OVE MAI NON SI SCOLPA”
DANTE, PURG., XXIV, 79-84
La lapide è posta sulla Torre dei Donati, una delle famiglie più potenti e antiche della città. Siamo nel terzo cerchio, quello dei peccati di gola e Dante è in compagnia di Forese Donati. Inizialmente il Poeta parla della sua patria deplorandone il decadimento morale e, a seguire, Forese ha una premonizione sulla tragica fine di suo fratello Corso (scoprilo attraverso la lapide dantesca di San Salvi).
Per saperne di più sulle case torri scopri l’itinerario.
Lapide Dantesca: case degli Adimari
TUTTI GRIDAVANO: “A FILIPPO ARGENTI!” E’L FIORENTINO SPIRITO BIZZARRO IN SÈ MEDESMO SI VOLGEA CO' DENTI.
DANTE, INF., VIII, 61-63.
Nella palude stigia, dove sono puniti gli iracondi, Dante incontra Filippo Argenti: personaggio imparentato con gli Adimari, era un cavaliere ricchissimo (gli fu dato questo soprannome perché secondo una leggenda usava ferrare il suo cavallo con l’argento), violento ed arrogante. Quando Dante lo vede, i dannati sono intenti a gridare “Addosso a Filippo Argenti” e lo spirito reagisce rivolgendo la sua ira su di sé, mordendosi. Il poeta ringrazia Dio per questa punizione, poiché tra la famiglia degli Alighieri e quella di Filippo non correva affatto buon sangue.
Lapide Dantesca: case dei Della Bella
CIASCUN CHE DELLA BELLA INSEGNA PORTA DEL GRAN BARONE … DA ESSO EBBE MILIZIA E PRIVILEGIO; AVVEGNA CHE CON POPOL SI RAUNI OGGI COLUI CHE LA FASCIA COL FREGIO.
DANTE, PAR., XVI, 127-132.
Fra le nobili famiglie fiorentine che furono insignite dell’ordine cavalleresco da Ugo Marchese di Toscana (il “Gran Barone”, sepolto nella Badia Fiorentina, che trasferì la sede del marchesato da Lucca a Firenze) vi fu quella dei Della Bella, il cui stemma fu adornato col fregio di una fascia d’oro. In particolare qui si fa riferimento a Giano Della Bella, il quale si schierò dalla parte del popolo con i suoi celebri “Ordinamenti di giustizia“ del 1293.
Lapide Dantesca: Torre dei Galigai
. . . ED AVEA GALIGAIO DORATA IN CASA SUA GIÀ L'ELSA E'L POME.
DANTE, PAR., XVI, 101-102.
Tra le nobili famiglie che Dante e Cacciaguida passano in rassegna in questo canto, vi è la famiglia Galigai, la quale ebbe il privilegio, accordato ai nobili cavalieri da Carlo Magno, di dorare il pomo e l’elsa della spada. Le torri dell’antica famiglia dei Galigai si trovano in via dei Cerchi in quello che oggi è un unico edificio, in una delle zone più antiche del centro storico di Firenze.
La torre su cui campeggia la lapide è posta all'incrocio tra via dei Cerchi e piazza dei Cimatori.
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Lapide Dantesca: case degli Abati
PIANGENDO MI SGRIDÒ: “PERCHÉ MI PESTE? SE TU NON VIENI A CRESCER LA VENDETTA DI MONTAPERTI, PERCHÉ MI MOLESTE? ...UN ALTRO GRIDÒ: “CHE HAI TU, BOCCA? NON TI BASTA SONAR CON LE MASCELLE, SE TU NON LATRI? QUAL DIAVOL TI TOCCA?”
DANTE, INF., XXXII, 79-81 e 106-108.
Siamo nel IX cerchio dell’inferno dove si trovano i traditori della patria, immersi per punizione nel ghiaccio, fino alla testa. Una di queste teste, che Dante involontariamente colpisce camminando, è quella di Bocca degli Abati che, secondo alcune fonti, tradì l’esercito fiorentino portandolo alla disfatta nella Battaglia di Montaperti del 1260 (quando prevalsero le truppe ghibelline capeggiate da Siena). Un altro peccatore si rivolge a Bocca, chiedendogli: non ti basta battere i denti per il freddo, quando non abbai come un cane? Quale diavolo ti percuote?
Lapide Dantesca: case degli Adimari Cavicciuoli
L'OLTRACOTATA SCHIATTA CHE S' INDRACA DIETRO A CHI FUGGE, E A CHI MOSTRA ‘L DENTE O VER LA BORSA, COM' AGNEL SI PLACA
DANTE, PARAD., XVI, 115-117
L'indignazione di Dante, espressa attraverso le parole di fuoco fatte pronunciare dall’antenato Cacciaguida, è comprensibile: Boccaccio degli Adimari s’impossessò dei beni del Poeta al momento del suo ingiusto esilio. Parafrasi: La tracotante famiglia che si fa drago (s’indraca, neologismo dantesco) di fronte a chi deve fuggire, mentre si mostra mansueta come un agnellino verso i più potenti e ricchi.
Lapide Dantesca: Casa e Torre dei Visdomini
“COSÌ FACIENO LI PADRI DI COLORO, CHE, SEMPRE CHE LA VOSTRA CHIESA VACA, SI FANNO GRASSI STANDO A CONSISTORO”
DANTE, PARAD., XVI, 112-114
I versi danteschi si riferiscono al fatto che la famiglia dei Visdomini, insieme ad altre, aveva l'incarico di occuparsi della sede episcopale vacante (nell'attesa che venisse nominato un nuovo vescovo), arricchendosi e traendone evidenti vantaggi.
L'edificio conserva ancora i suoi caratteri antichi, con la facciata decorata a bozze di graffito interrotte da una fascia con elementi fitomorfi. La terrazza fu aggiunta successivamente. Di fianco sorge l'alta torre medievale a pianta quadrangolare sulla quale è apposta la lapide.
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Lapide Dantesca: Piazza del Duomo
“VERGINE MADRE, FIGLIA DEL TUO FIGLIO, UMILE ED ALTA PIÙ CHE CREATURA, TERMINE FISSO D'ETERNO CONSIGLIO, TU SE' COLEI CHE L'UMANA NATURA NOBILITASTI SÌ, CHE ‘L SUO FATTORE NON DISDEGNÒ DI FARSI SUA FATTURA. NEL VENTRE TUO SI RACCESE L'AMORE PER LO CUI CALDO NELL' ETERNA PACE COSÌ È GERMINATO QUESTO FIORE”
DANTE, PAR., XXXIII, 1-9
Dante è ormai pronto per la tappa finale del suo viaggio nell'Oltretomba ed è qui, nel Paradiso, che San Bernardo rivolge una preghiera alla Vergine Maria; una sublime preghiera affinché interceda per consentire al poeta di giungere al cospetto di Dio. Il Santo canta le lodi di Maria, madre del Redentore nonché fonte di speranza e carità per tutti gli uomini che attraverso di lei possono giungere a Dio. Non a caso, la lapide è posta presso la sede dell’Arciconfraternita della Misericordia, luogo per eccellenza della carità cristiana dei fiorentini.
Per un approfondimento sui luoghi dell’accoglienza e della carità a Firenze, clicca qui.
Lapide Dantesca: Battistero di San Giovanni
SE MAI CONTINGA CHE 'L POEMA SACRO AL QUALE HA POSTO MANO E CIELO E TERRA SÌ CHE M' HA FATTO PER PIU' ANNI MACRO, VINCA LA CRUDELTÀ CHE FUOR MI SERRA DEL BELLO OVILE, OV' IO DORMI' AGNELLO NIMICO AI LUPI, CHE LI DANNO GUERRA; CON ALTRA VOCE OMAI, CON ALTRO VELLO RITORNERÒ POETA, ED IN SUL FONTE DEL MIO BATTESMO PRENDERÒ 'L CAPPELLO.
DANTE, PAR, XXV, 1-9.
In questo canto del Paradiso, Dante esprime con grande commozione la speranza del ritorno a Firenze, e, forte del suo orgoglio e della sua consapevolezza di essere un grande poeta, immagina di ricevere “il cappello” (la corona di alloro) proprio laddove fu battezzato. Purtroppo né il ritorno dall’esilio, né questa poetica visione si avvereranno mai. La lapide è posta sul selciato ai piedi del Battistero, lato via Calzaiuoli.
Per scoprire l’appellativo affettuoso con cui Dante si riferisce al Battistero nella Divina Commedia clicca qui.
Lapide Dantesca: Battistero di San Giovanni
. . . NEL MIO BEL SAN GIOVANNI.
DANTE, INF., XIX 17.
Il mio bel San Giovanni è l’affettuoso appellativo con cui Dante ricorda, con nostalgia di esule, il Battistero di Firenze, luogo in cui lui stesso fu battezzato. Ai tempi, il battesimo si faceva per immersione in una vasca circondata da quattro pozzetti cilindrici. Il poeta racconta proprio in questo stesso canto che un giorno ruppe uno di questi pozzetti per salvare un bambino che ci era caduto dentro. Il danno causato doveva avergli attirato molte critiche e Dante sente il bisogno di spiegare una volta per tutte cosa è successo.
Nel 1576, in occasione del battesimo del primogenito del Granduca Francesco I, Buontalenti realizzò un nuovo fonte battesimale, distruggendo l’antica struttura medievale. Il Battistero è l’unica chiesa fiorentina giunta sino a noi nella sua forma originaria dai tempi in cui visse Dante Alighieri.
La lapide è posta ai piedi del Battistero, lato via Martelli. Poco distante, vi è un’altra lapide in cui Dante esprime il grande desiderio di tornare un giorno in questo luogo a lui caro a ricevere l’incoronazione poetica. Per approfondire clicca qui.
Lapide Dantesca: Chiesa di Santa Maria Maggiore
...IN LA MENTE M'È FITTA, E OR M'ACCORA LA CARA E BUONA IMAGINE PATERNA DI VOI, QUANDO NEL MONDO AD ORA AD ORA M'INSEGNAVATE COME L'UOM S'ETERNA!
DANTE, INF., XV, 82 - 84.
Ci troviamo nel terzo girone del settimo cerchio, dove sono puniti i sodomiti. Quella di Dante è una dichiarazione di gratitudine e affetto verso Brunetto Latini, suo maestro, nonché notaio e personaggio politico di rilievo nella Firenze del tempo. Brunetto è condannato per la sua omosessualità, tuttavia Dante vuole rassicurarlo, non solo del suo affetto immutato, ma anche e soprattutto del valore morale dei suoi insegnamenti. Il Tesoretto sarà infatti fonte d’ispirazione nella stesura della Commedia di Dante. La tomba di Brunetto è posta in Santa Maria Maggiore nella cappella a sinistra.
Lapide Dantesca: case degli Alighieri
“GLI ANTICHI MIEI ED IO NACQUI NEL LOCO DOVE SI TROVA PRIA L' ULTIMO SESTO DA QUEL CHE CORRE IL VOSTRO ANNUAL GIUOCO.”
DANTE, PAR., XVI, 40-42.
Dante si trova nel Paradiso dove, attraverso le parole del suo trisavolo Cacciaguida, ci indica il luogo dove sorgevano le abitazioni della sua stessa famiglia, gli Alighieri. Per aiutare il lettore ad individuare il luogo esatto, il poeta fa riferimento al Palio di San Giovanni (“annual giuoco”), e al relativo percorso dei cavalli che partiva dal Ponte alle Mosse, attraversava il cuore della città e, all’altezza dell’ultimo sesto dell’itinerario, passava proprio in corrispondenza delle abitazioni della sua famiglia.
Per scoprire la Firenze di Dante clicca qui.
Lapide Dantesca: case dei Lamberti
. . . E LE PALLE DELL'ORO FIORIAN FIORENZA IN TUTTI SUOI GRAN FATTI.
DANTE, PAR., XVI, 110-111.
Siamo nel V cielo di Marte, dove Dante incontra insieme al trisavolo Cacciaguida vari rappresentanti delle nobili famiglie fiorentine. “Le palle dell’oro” sono un chiaro riferimento allo stemma della famiglia Lamberti, rappresentato da uno scudo azzurro con sei palle d’oro, i cui membri davano lustro alla città, prendendo parte attivamente a tutti “i suoi gran fatti”. Mosca Lamberti fu tra gli assassini di Buondelmonte Buondelmonti e diede così inizio a lunghe contese che si risolsero con l’esilio dei Lamberti.
Lapide Dantesca: Palazzo Cavalcanti
“. . . SE PER QUESTO CIECO CARCERE VAI PER ALTEZZA D'INGEGNO, MIO FIGLIO OV'È? PERCHÉ NON È EI TECO?” ED IO A LUI: “DA ME STESSO NON VEGNO: COLUI CH’ATTENDE LÀ PER QUI MI MENA, FORSE CUI GUIDO VOSTRO EBBE A DISDEGNO.”
DANTE, INF., X, 58 - 63
Giunti nel girone degli eretici, Dante e Virgilio incontrano Cavalcante dei Cavalcanti, padre del celebre poeta, nonché amico di Dante, Guido. Cavalcante gli domanda perché suo figlio, uomo di alto ingegno, non sia in loro compagnia e il poeta gli fa notare che chi lo accompagna in questo viaggio è Virgilio, poeta non particolarmente apprezzato dall’amico Guido. Tra i maggiori esponenti del Dolce Stilnovo, insieme allo stesso Dante, Guido Cavalcanti scrisse tra ballate e sonetti più di 50 componimenti.
Lapide Dantesca: case dei Buondelmonti
O BUONDELMONTE ... MOLTI SAREBBER LIETI CHE SON TRISTI. SE DIO T' AVESSE CONCEDUTO AD EMA LA PRIMA VOLTA CH' A CITTÀ VENISTI!
DANTE, PAR., XVI, 140-144.
Dante si riferisce con questi versi alla rottura della promessa di matrimonio da parte di Buondelmonte Buondelmonti con una giovane della famiglia Amidei. Egli non si presentò alla Chiesa di Santo Stefano al Ponte dove era atteso per le nozze, ma andò a fare la promessa a Isabella Donati che poi sposò. L’affronto fu tale che gli costò la vita il giorno di Pasqua del 1215, e l’omicidio diede così origine alle ostilità tra famiglie guelfe e ghibelline a Firenze. Ecco perché Dante in questi versi afferma che se il primo antenato di Buondelmonte, arrivando a Firenze, fosse annegato nel torrente Ema, la città non sarebbe stata vittima di fatali lotte intestine.
Un’altra lapide è posta nel luogo esatto dove fu assassinato il Buondelmonti. Clicca qui per approfondire.
Lapide Dantesca: Torre della Zecca
… PER MEZZA TOSCANA SI SPAZIA UN FIUMICEL CHE NASCE IN FALTERONA, E CENTO MIGLIA DI CORSO NOL SAZIA
DANTE, PURG., XIV, 16-18
Questa epigrafe è collocata significativamente sulla Torre della Zecca, l’antico edificio dove si coniava il Fiorino, che domina tuttora l’Arno. Con queste parole Dante - in risposta ad un’anima del Purgatorioche lo interroga sulla sua identità -dichiara di venire dalla valle (Firenze) di quel fiume la cui sorgente è presso il Monte Falterona e il cui corso attraversa la Toscana per oltre cento miglia.
Lapide Dantesca: Chiesa di San Salvatore al Monte
… PER SALIRE AL MONTE, DOVE SIEDE LA CHIESA CHE SOGGIOGA LA BEN GUIDATA SOPRA RUBACONTE, SI ROMPE NEL MONTAR L’ARDITA FOGA, PER LE SCALEE, CHE SI FERO AD ETADE CH’ ERA SICURO IL QUADERNO E LA DOGA
DANTE, PURG., XII, 100-105
Dante paragona la scalata al secondo cerchio del Purgatorio agli scalini che conducevano alla basilica di San Miniato al Monte, che dominava – e domina tuttora - la città al di sopra del Ponte Rubaconte (l’attuale ponte alle Grazie). La scalinata, ricorda ironicamente Dante, fu realizzata da governanti onesti, non come quelli dell'epoca, che nel 1299 truccarono il quaderno (il registro dei processi) e la doga (la misura per il sale) a sfavore del popolo fiorentino. La lapide è posta all'inizio della scalinata che porta al Piazzale Michelangelo.
Lapide Dantesca: Chiesa di San Salvi
OR VA, DISS'EL: CHE' QUEI CHE PIU' N'HA COLPA, VEGG'IO A CODA D'UNA BESTIA TRATTO INVER LA VALLE OVE MAI NON SI SCOLPA. LA BESTIA AD OGNI PASSO VA PIU' RATTO, CRESCENDO SEMPRE, FINCH'ELLA IL PERCUOTE, E LASCIA IL CORPO VILMENTE DISFATTO
DANTE, PURG., XXIV, 82-87
Il personaggio cui si allude è Corso Donati, capo dei Guelfi neri, condannato dalla Signoria fiorentina nel 1308. Inseguito dal popolo, che voleva vendicarsi delle sue malefatte, si diede alla fuga cadendo da cavallo e rimanendo impigliato ad una staffa; i suoi nemici lo finirono presso la Chiesa di San Michele a San Salvi (dove si trova questa lapide). Dante ne parla facendolo morire come i traditori, attaccato alla coda di un cavallo che corre sempre più veloce, trascinato all'inferno dove non vi è possibilità di espiazione.
Lapide Dantesca: Galluzzo
"O QUANTO FÒRA MEGLIO . . . ED AL GALLUZZO ED A TRESPIANO AVER VOSTRO CONFINE"
DANTE, PAR., XVI, 52 – 54.
Qui Dante lamenta il degrado morale che ha colpito la città di Firenze. “Quanto sarebbe stato meglio,” fa dire al suo antenato Cacciaguida, “se aveste mantenuto il vostro confine al Galluzzo e a Trespiano”. Egli attribuisce alle popolazioni arrivate dal contado, ai forestieri dediti al commercio e al prestito di denaro (attività considerata poco onesta), la colpa di aver corrotto anche gli stessi fiorentini e condotto la città al declino. La lapide è situata presso la sede della Misericordia del Galluzzo.